CAM: tra sostenibilità e onere per il progettista

CAM: tra sostenibilità e onere per il progettista

Vi proponiamo l’intervista all’architetto Caterina Gargari esperta di valutazione LCA


L’ing. Livio Izzo, Esperto nella Partecipazione attiva a Gruppi di Lavoro formali ed informali di Ricerca, di PRE-Normazione e di Normazione nazionale ed internazionale, ha intervistato l’arch. Caterina Gargari, dottore di ricerca, consulente energetico, valutatore LCA e progettista. Insieme all’architetto Gargani sono stati approfonditi i temi della Relazione CAM, il loro rapporto con la valutazione LCA e le possibili difficoltà nella stesura della relazione da parte dei progettisti.

Qual è l’approccio più efficace all’interno di una progettazione per valutare la sostenibilità della costruzione in fase di progettazione?
La risposta è piuttosto semplice, questo perché la Comunità europea ha già definito quale sia lo strumento più idoneo per misurare la sostenibilità dei materiali da costruzione e degli edifici. Quindi esiste un record di riferimento specifico che individua quella metodologia armonizzata e quindi condivisa da tutti gli Stati membri. In particolare si fa riferimento agli standard elaborati dalla Commissione tecnica e 350 che riguardano la sostenibilità per il settore delle costruzioni.


Se dall’approccio generale si passa invece alla scelta dei materiali per la costruzione che dobbiamo progettare. Quali sono i criteri o gli aspetti principali da tener presente?
In realtà la visione della sostenibilità è sempre una visione a scala di edificio, quindi non si misura la sostenibilità di un materiale ma si misura la sostenibilità dell’edificio e si valuta in quale modo quel determinato materiale o quella determinata soluzione tecnica contribuisce alla sostenibilità globale dell’edificio. Questo è il cuore della metodologia: LCA che è appunto la metodologia riconosciuta a livello europeo, come lo strumento di calcolo della sostenibilità e all’interno degli standard che citavo prima, viene indicato come indispensabile avere questo come unità di riferimento per il calcolo, per la comparazione e per la valutazione anche di soluzioni alternative.

Quindi non esiste un materiale più sostenibile di un altro ma esistono materiali diversi che possono contribuire in maniera diversa alla sostenibilità dell’edificio in relazione ovviamente a tutte le condizioni a contorno che determinano l’esigenza di sostenibilità e l’esigenza prestazionale di questa produzione tecnica dell’edificio stesso.


Parlando di LCA, nel decreto CAM in che maniera coesistono gli approcci deterministici, per cui alcuni materiali devono avere prescrittivivamente dei minimi di proprietà, e le altre parti della stesso decreto in cui si spinge per l’approccio LCA come l’approccio effettivamente più completo. In che maniera si raccordano questi due minimi con l’approccio LCA seguendo la logica del del decreto CAM?
Il nuovo decreto CAM, quello uscito in Gazzetta lo scorso agosto, ha accentuato ancora di più importanza sull’adozione della metodologia LCA per la misura della sostenibilità. Quindi i riferimenti alle normative europee e al metodo LCA, che già erano presenti nella prima versione del CAM, in questa nuova versione sono più precisi, sono più puntuali e consentono anche agli operatori del settore pubblico di acquisire crediti, crediti premianti e quindi di valorizzare progetti che effettivamente pongano la sostenibilità a base dell’opera progettuale.

La metodologia LCA è una metodologia che consente di quantificare la sostenibilità, quindi il risultato di un’analisi LCA è una lista piuttosto articolata e complessa di indicatori che però forniscono un dato, un dato numerico, quindi un dato quantitativo. Il risultato dell’analisi LCA non è una valutazione qualitativa della sostenibilità del progetto, ma è una misura effettiva, quantificata.

Sotto questo punto di vista, si sposa anche con alcuni aspetti specifici dei CAM che richiedono quindi il rispetto di valori minimi, di soglie minime di prestazione, che i materiali di soluzioni tecniche devono garantire. Ovviamente il CAM non rispecchia la struttura e l’organizzazione metodologica dell’LCA, ma integrano alcuni contenuti che già esistono nella nella metodologia LCA con altre prescrizioni, altri criteri, quindi altri requisiti, che sono specifici e caratteristici del nostro contesto edilizio, anche delle esigenze tipicamente italiane del costruire sul nostro territorio.


Una domanda per i progettistiche seguiranno il nostro seminario, loro sono chiamati a confrontarsi con questo decreto, quindi le chiedo quali sono secondo lei le competenze principali che un progettista deve mettere in campo per applicare il decreto e stendere poi la relazione?
Ritengo sia più piuttosto complicato per un’unica figura professionale gestire il progetto rispondendo a tutte le richieste specifiche dei CAM, Per come sono stati strutturati i CAM. Infatti pongono l’attenzione su numerosi elementi di natura tecnica, di natura progettuale che richiedono la partecipazione combinata, una collaborazione continua di più figure professionali con esperienza, con competenze e con capacità tecniche molto specifiche su temi particolari.

Il compito che in questo caso è affidato al progettista o, all’interno del gruppo di lavoro, all’esperto CAM è quello proprio di coordinare tutte queste figure professionali, quindi di far comprendere loro come i diversi aspetti della progettazione architettonica, della progettazione impiantistica, della progettazione energetica e della progettazione anche di sostenibilità siano legati tra loro, quali siano le interferenze tra i vari aspetti, in modo che non ci siano step successivi di progettazione in cui si risolvono i problemi per singole parti e poi si tenta di assemblare il tutto alla fine ma si ha invece un progetto omogeneo che fin dall’inizio tiene sott’occhio tutti gli aspetti rilevanti che poi ovviamente sono quelli su cui puntano l’attenzione i criteri ambientali minimi. Quindi al progettista o all’esperto CAM del team di lavoro è chiesta la capacità di avere questa visione globale. Di avere le competenze necessarie per comprendere le criticità che costituiscono l’attività specifica di tutti i professionisti che partecipano al gruppo di lavoro e coordinare l’azione gruppo.

Per altro è una figura già introdotta in altri sistemi della progettazione sostenibile quella del coordinatore, per esempio dal Protocollo Lead e Itaca. L’esperto CAM svolge esattamente la stessa funzione, deve sapere piccole cose di tanti argomenti diversi.


Le è capitato a seguito di un’analisi LCA che un progetto dovesse cambiare delle cose anche importanti come scelte di prodotti o di materiali o di tecnologie?
Questo succede quando l’iter progettuale è inverso a quello che ho appena descritto. In realtà LCA non è uno strumento di misura del risultato raggiunto ma è uno strumento di progettazione, quindi io mi servo dell’LCA fin dalle primissime fasi della progettazione. Se voglio raggiungere un determinato obiettivo di sostenibilità. Ovvio che bisogna dosare l’analisi LCA in base agli step di progettazione successivi e quindi affronterò livelli di complessità diversi nell’analisi LCA in base allo sviluppo del progetto. Ma assolutamente mi devo servire delle LCA fin dalle fasi preliminari della progettazione, prima di tutto per essere sicura di poter raggiungere l’obiettivo che mi sono posto all’inizio e proprio per evitare che arrivati alla fine del progetto io sia costretta a rimettere in discussione elementi sostanziali di natura tecnologica e di natura strutturale, proprio perché altrimenti il bilancio di sostenibilità non viene raggiunto.

 

Fonte: https://www.buildnews.it/articolo/relazione-cam-valutazione-lca